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Come identificare il proprio cliente ideale

accademia degli eventi adelll comunicazione formazione continua imparasaperfare marketing strategia Mar 07, 2023

A cura di Lorella Beretta

Perché e per chi fai quello che fai? Una domanda importante che ogni professionista deve porsi per comprendere come il proprio prodotto o servizio possa essere utile e per chi esserlo. Anni fa ci si concentrava solo sulla merce in vendita o sulla prestazione da offrire. Le aziende, i brand, i professionisti erano il prodotto prodotto.

Oggi si è compreso che i consumatori sono persone che acquistano in relazione al soddisfacimento dei loro interessi, bisogni e sul valore che attribuiscono alla persona, azienda, brand che propone ciò che vogliono ottenere. Il guadagno umano ha surclassato il guadagno economico e le persone si rivolgono alle persone stabilendo una relazione emotiva basata sulla fiducia. Nessuno compra se non ha fiducia in quello che compra La fiducia è una nominalizzazione, è soggettiva, è intrinseca, è preziosa ed è una conquista.

Non la si ripone in un prodotto o in un servizio, ma nella persona che ci garantisce la funzionalità, l'efficienza e la credibilità dell'effetto che si vuole ottenere. Si compra il risultato, la risoluzione di un problema, il guadagno personale, l'esperienza che può regalarci e il cambiamento in alcuni aspetti o momenti della nostra vita. L'errore principale è quello di concentrarci esclusivamente sul “bene” d'acquisto, cioè sul valore del nostro prodotto e sulla qualità del nostro servizio.

Prendiamo delle vere e gigantesche cantonate quando:

  • Ci innamoriamo di noi e di quello che facciamo.
  • Pensiamo che bastino le nostre capacità e competenze per essere attraenti.
  • Non accettiamo il fatto che non possiamo piacere a tutti.
  • Guardiamo fuori, senza capire chi realmente siamo e, di conseguenza, chi potrebbe interessarsi a noi

Individuare le persone con le quali vogliamo interagire diventa una priorità perché, spesso, le persone si scelgono in modo reciproco. Lo facciamo in tutti i settori quando non siamo obbligati all'acquisto forzato di un prodotto o servizio che diventa imprescindibile da colui che lo vende. Se dobbiamo comprare un capo di abbigliamento ci facciamo spesso influenzare dal tipo di rapporto con la commessa del negozio e prediligiamo un concessionario di auto, piuttosto che un suo competitor, per la capacità di interazione del proprietario, fino a scegliere il medico di base, non solo per le sue competenze o la sua esperienza, ma anche per la sua capacità di ascolto ed empatia nei confronti dei pazienti.

Il cliente ideale è, dunque, colui che ci trova interessante e quasi “amabile”, da voler instaurare un rapporto con noi e fidarsi, tanto da ritenere indispensabile il nostro prodotto o servizio.

Il primo passo è quello di capire meglio chi siamo, come ci rapportiamo con gli altri e quale percezione hanno le persone nei nostri confronti

Domande intelligenti portano sempre a risposte efficaci:

  • Quali sono le persone con le quali preferisco dialogare, uscire e rapportarmi?
  • Cosa ci unisce?
  • Cosa condividiamo?
  • Cosa abbiamo in comune e cosa ci differenzia?
  • Cosa ci annoia e cosa ci diverte?
  • Cosa è importante e cosa non tolleriamo?

Si dice che il simile attira il simile, ma se fosse così semplice tutti avrebbero trovato facilmente il proprio cliente ideale a immagine e somiglianza, senza fraintendimenti, senza diversità di pensiero, senza divergenze. Ma simile non vuol dire uguale, nessuno è replicabile, ed è proprio nelle differenze che troviamo le migliori alleanze e nuovi stimoli per conoscerci e migliorarci. Un assunto molto significativo dice che se vuoi capire chi dovrebbero essere i tuoi clienti ideali devi adottare il principio del sugo della domenica, cioè chi vorresti seduto al tavolo in un pranzo di famiglia. Capisci che non vuoi dei cloni di te stesso, ma delle persone con le quali passare il tuo tempo, condividere parole, emozioni, idee, esperienze, progetti e anche punti di vista differenti costruttivi. Persone da respirare e con le quali inspirarsi, che è poi un binomio vitale in quanto non possiamo esistere senza respirare e perché la parola inspirare dal latino significa soffiare dentro, cioè nutrirsi di buone cose che precludono la cecità cognitiva. Alcune volte però parliamo di brutte esperienze, di compagnie inopportune, di incontri lontani dal nostro modo di vedere le cose o dall'idea intrinseca che ci siamo fatti di noi stessi.

A chi non è capitato il cliente sbagliato?

La bella notizia è che, per assurdo, anche il cliente sbagliato non è poi così inesatto nel suo significato. Potrebbe essere il cliente che non riusciamo a capire o che non ci capisce, ma se lo viviamo come un limite possiamo solo giudicarlo. Se impariamo, lo osserviamo e lo utilizziamo, possiamo comprendere il motivo per cui abbiamo attirato quel tipo di cliente e possiamo rimodulare la nostra identità e i nostri comportamenti, trasformando l'inconveniente da un momentaneo fastidio da superare in un'occasione per apprendere qualcosa su noi stessi e come veniamo visti dagli altri.

A volte è così difficile cambiare idea, ma le persone, anche quelle con le quali non andiamo d'accordo, sono materia di studio per ampliare la nostra conoscenza ed evoluzione. Quando sviluppiamo un'idea, il nostro cervello ha bisogno di essere coerente con l'idea stessa, e fa di tutto per restarvi aggrappato. Lo fa per non sprecare energie, per non sovraccaricarsi di nuovi input e lavorare meno. Praticamente ci convinciamo di avere fatto tutto nel migliore dei modi e proiettiamo la responsabilità della mancata comunicazione e intesa sull'altro.

Il fatto è che spesso le idee provenienti dai nostri schemi mentali, che una volta erano buone e avevano un significato, una funzione specifica, un'utilità, poi possono smettere di averla e vanno cambiate o modificate in relazione alla persona con la quale stiamo comunicando. Nel momento in cui ci radichiamo nelle nostre convinzioni, non permettiamo al nostro potenziale di riavviarsi e ci fermiamo sull'opinione che ci siamo fatte della persona o della situazione.

Quando la risposta tarda ad arrivare, dobbiamo cambiare le domande.

  • Per quale motivo non riusciamo a capirci?
  • Abbiamo ascoltato attivamente?
  • C'era la possibilità di arrivare ad una mediazione?
  • Siamo riusciti a trasmettere il valore del nostro lavoro?
  • Siamo stati credibili?

Domande diverse, diverse risposte. Albert Einstein affermò: “La misura dell'intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario”

 

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Il tema dell'articolo è stato sviluppato in uno dei webinar di AdELLL e la registrazione è disponibile in piattaforma. Per informazioni ulteriori Clicca qui...

 

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